Caritas
Diocesana di Trivento

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Carissimo don Alberto,
Ti mando il discorso introduttivo, corredato da alcune foto, di un seminar organizzato a Khulna ( la città più importante in Bangladesh dopo Dhaka e Chittagong) da “Terre des hommes Italia” lo scorso 4 aprile. Nel seminar è stata data relazione di una ricerca tra i DALIT (leggi Dolit, che è la pronucia giusta, perché in inglese per pronunciare dolit si deve scrivere dalit), durata 3 anni e condotta da “Terre des homme Italia”. Scopo della ricerca era quello di stabilire un confronto tra la
situazione dei DALIT e quella di coloro che si trovano nel “mainstream” (cioè quelli che in questa società sono considerati cittadini normali).
La relazione, molto dettagliata e professionale, è stata data da una antropologa della Università di Dhaka. Al seminar erano presenti tutte le organizzazioni che lavorano tra i DALIT e rappresentanze del governo e del mondo culturale: un centinaio di persone in tutto. Io sono stato vivamente invitato al seminar per dare la mia testimonianza per il mio lungo coinvolgimento con i DALIT, che mi ha portato ad aggiungere al mio nome e cognome il nuovo titolo di DAS, come sono designati i fuoricasta della zona dove mi trovo da 18 anni. Das, come sai, significa schiavo, uno stigma che non si è riuscito ancora a cancellare. Mi dispiace che il discorso introduttivo sia in inglese, ma meriterebbe di essere tradotto in italiano.

Ecco tutto. Un abbraccio e Buona Pasqua. p. Antonio.

 

25 APRILE 1977 – 25 APRILE 2019: 42 ANNI CON LA MISSIONE NEL CUORE!

Tante volte mi sono raccontato nella ricorrenza dell’anniversario della mia partenza per la missione in Bangladesh e non vorrei ripetermi per non annoiare i tanti amici, che mi hanno seguito in tutti questi anni e sono perciò abituati a sentirmi. Per me ormai è l’autunno della missione! La novità è quella del miracolo che il Signore continua ad operare nella mia vita concedendomi la forza di girare ancora in moto nei miei ormai 80 anni e incontrare la gente dei villaggi, i miei Das, con i quali il Signore mi ha dato la grazia di identificarmi.

Come i miei amici sanno, dallo scorso ottobre 2018 la responsabilità della missione di Chuknagar, in cui dono presente da 18 anni, è stata affidata al P. Rocky David Gomes, un saveriano bengalese con 15 anni di missione in Africa, nel Chad. Io rimango al suo fianco come collaboratore: lui è il boro father e cioè, secondo un’espressione tipica bengalese, colui che comanda ed io sono il choto father e cioè colui che conta poco. Boro in lingua bengalese significa grande e si avvicina molto al significato del termine inglese boss, che non ha certo una intonazione evangelica. Choto (cioto) invece significa piccolo ed ha una intonazione molto evangelica. Infatti Gesù ci dice che per entrare nel Regno dei Cieli bisogna farsi piccoli come bambini. Scherzosamente, avvolte, dico alla gente che il p. Rocky è il boro father ed io sono il buro father. In lingua bengalese buro significa vecchio ed indica bene la mia attuale condizione.

L’esperienza che sto vivendo durante quest’anno mi richiama la kenosis di evangelica memoria, appena celebrata nella Settimana Santa: tutto quello che sta attorno a te, opera delle tue mani, devi dimenticarlo! Anche questo fa parte della missione, anzi questa è la vera missione: scomparire perché appaia la luce della Risurrezione. Solo entrando in questa dimensione si conserva dentro la gioia e si diventa portatori di gioia: la gioia del Vangelo di Gesù, Evangelii Gaudium.

Nella mia nuova condizione sono più libero di girare e incontrare gente. Quest’anno infatti ho trascorso tutta la Settimana Santa nella missione di Satkhira per dare una mano a p. Lorenzo Valoti nei numerosi villaggi che costellano la missione di Satkhira. Per lo stesso motivo, ogni fine settimana, mi reco da lui, il che significa compiere 120/130 km. in moto ogni fine settimana su strade cosparse di buche, che fanno sentire i contraccolpi nella mia schiena di ottantenne. Mi è capitato proprio il mercoledì santo. Nel pomeriggio mi son recato a Manikar, un villaggio di Satkhira, per ascoltare le confessioni. Si è fatto buio e dovevo rientrare a Satkhira. Salgo sulla moto, avvio il motore, ma le luci non si accendono: faccio tutto il tragitto, 30 km., al lume della luna. Un po’ di incoscienza senile, ma il mio angelo mi è stato vicino.

Cari amici, siamo in pieno clima pasquale e allora l’augurio che ciascuno di noi sia un testimone di Gesù Risorto, secondo il comando dato agli Apostoli: “… Sarete miei testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”.

Chuknagar, 23.04.19

Antonio Germano Das,sx.

 

 

TRADUZIONE DALL’INGLESE DEL DISCORSO INTRODUTTIVO AL SEMINAR SULLA DISCRIMINAZIONE DI CASTA, TENUTO A KHULNA IL 4 APRILE  2019.

Cari e rispettabili ospiti,

Benvenuti al workshop di diffusione e divulgazione regionale dei risultati preliminari di uno studio comparativo condotto su larga scala sulla discriminazione e la povertà tra i Dalit e i non-dalit finanziato dall’Agenzia Svizzera per lo Sviluppo e la Cooperazione.

Questo workshop (seminar) per noi fa ancora parte del processo di ricerca perché vogliamo che voi convalidiate i nostri risultati preliminari con i vostri interventi basati sulla vostra esperienza di lavoro con le comunità Dalit. Quindi, vorrei invitare tutti voi a partecipare attivamente a questo seminar.

Terre Des Hommes Italia desidera estendere un ringraziamento speciale al primo degli ospiti, il Vice Commissario di Khulna, il sig. Mohammed Halal Hossain e al Presidente della sessione, al Dr. Abdullah Abusayed Khan, professore di sociologia, per essere qui con noi oggi e per averci aiutato a creare ponti tra le istituzioni locali (LGI) ed il mondo accademico. Essi arriveranno più tardi a causa di altri impegni istituzionali insieme all’On. Ministro della Pubblica Istruzione, che sta visitando la Fiera dell’Educazione Universitaria. Vorremmo anche ringraziare l’Agenzia Svizzera per lo Sviluppo e la Cooperazione (DSC) per aver creduto in noi assegnandoci una borsa di studio.

La mia profonda gratitudine va al gruppo di ricerca, guidato dal Prof. Ainoon Naher e dal Dott. Sanaul Mostafa per questo emozionante viaggio fatto assieme per ascoltare le comunità, che hanno intervistato con cuore e mente aperti. Grazie ai capi responsabili, qui rappresentati dal Dott. Firoz Ahmed e dagli enumeratori, che hanno lavorato sodo per raccogliere i dati. Senza il vostro contributo non saremmo stati in grado di raggiungere i nostri risultati. Grazie al “dream team” di Terre Des Hommes, con cui sono onorata di lavorare, per essere stato in grado di rendere possibile l’impossibile. Grazie per la loro professionalità, spirito di squadra e impegno per l’organizzazione, a cui sono legati.

Desidero esprimere la mia più profonda gratitudine a Swapon (Lino) Kumar Das, Direttore Esecutivo dell’organizzazione DALIT, al suo team per l’appoggio dato al RT (research team) durante in primo ciclo di indagine nel garantire l’accesso agli intervistati Dalit in aree remote. Un ultimo ma non meno importante grazie alle donne e agli uomini che abbiamo intervistato per aver condiviso con noi le loro esperienze, opinioni e commenti: faremo un buon uso dei dati raccolti.

Nelle prossime sessioni, i risultati preliminari saranno ampiamente condivisi. Per questo motivo vorrei soffermarmi un po’ sulla logica che sta alla base di questa ricerca e sui 3 principali motivi che ci hanno spinti a progettare e quindi a condividere questo ampio sondaggio. Innanzitutto, dal 2016 al gennaio 2019, TDH Italia ha implementato dietro una sovvenzione dell’Unione Europea un progetto triennale, Jukta Hoe Mukta (=l’unione fa la forza), per creare modelli sicuri di migrazione interna e fornire ragazze/giovani donne emarginate del Sud-Ovest del Bangladesh, che si spostano a Dhaka per lavorare nel settore dell’abbigliamento, di una base di formazione professionale, opportunità di lavoro e servizi per poter vivere una vita quotidiana più sicura. Come parte di questo progetto, nel giro di tre anni, un totale di 616 ragazze adolescenti ( 18 anni) e giovani donne hanno avuto accesso a competenze commerciali di formazione professionale per essere collocate in fabbriche conformi agli standard ready made garments (RMG). Di queste, 174 provengono da comunità Dalit dei distretti di Khulna, Jessore e Satkhira.

Pertanto, TDH Italia era molto interessata a comprendere l’influsso della migrazione e a rafforzare le capacità di influsso delle ragazze Dalit sulle dinamiche familiari e sul ruolo tradizionale delle donne Dalit all’interno delle famiglie e come questo ruolo cambi in seguito al processo di migrazione interna. Questa è stata la prima ragione che ci ha incoraggiato ad intraprendere questo viaggio.

In secondo luogo, in Bangladesh manca una dettagliata documentazione storica e analisi sui Dalit, come pure manca una completa raccolta di dati statistici su di essi. In realtà le stime informali della popolazione totale di Dalit in Bangladesh vanno da un minimo di 3,5 milioni ad un massimo di 6,5 milioni. Secondo alcune fonti, ci sono in tutto 94 diversi gruppi Dalit nel paese. A seconda della comunità a cui appartengono, sono impegnati in varie professioni, tutte considerate “inquinanti” (impure), come, e.g., scuoiatori e conciatori di pelli (Rishi), guardiani di maiali (Kawra), spazzini (Harijan).

In questo contesto, il vuoto è stato colmato in misura limitata dalle ONG coinvolte con le comunità Dalit. La letteratura esistente, in gran parte di buona qualità, descrive la difficile situazione delle comunità Dalit, evidenziando discriminazioni, violenze basate sul genere all’interno e all’esterno delle loro comunità, povertà e scarso accesso a risorse e diritti. Le comunità Dalit sono oppresse a tre livelli in ragione del loro status di minoranza etnica/linguistica e religiosa, della loro “impurità rituale” e della povera condizione economica.

Per le donne, ovviamente, c’è l’ulteriore dimensione della violenza e discriminazione, basate sul genere sia all’interno delle proprie comunità che nella società in generale. Ci sono tuttavia dati concreti, anche se limitati, che ci offrono un quadro accurato del grado e della portata di tutte queste tendenze. Ecco allora la necessità di raccogliere una robusta serie di dati per far luce sulle dinamiche di povertà all’interno delle comunità Dalit e sull’entità della loro (Dalit) discriminazione. In terzo luogo, mentre si ritiene che che i Dalit siano soggetti a molte forme di privazioni (di diritti), una larga fascia del main stream della società bengalese, fatta di poveri e disereditati, deve affrontare anch’essa svantaggi e disciminazioni. Data questa condizione, era nostra volontà stabilire un confronto tra la povertà, indigenza e discriminazione dei Dalit ed il segmento povero della main stream society.

In Bangladesh, per quel che riguarda il quadro giuridico del rispetto, protezione e adempimento dei diritti dei Dalit, non c’è stata ancora una legge specifica che risponda alle esigenze e ai fatti di vitale importanza per i Dalit di questo paese. Ci sono solo alcune clausole generiche nella Costituzione che garantiscono la fondamentale uguaglianza di tutti i cittadini e vietano ogni forma di discriminazione. Per dare impulso alla capacità operativa ai settori più svantaggiati della società (Dalit,Harijan, Bede, tea plantation workers, transgenders, etc.) e porre fine a tutti i tipi di discriminazione, la Commissione Legislativa ha preparato il disegno di legge, 2014, che è ancora all’esame del governo.

Nella relazione dell’ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani nel maggio 2018 si ricorda che il relatore incaricato dell’indagine sulla violenza sulle donne aveva ricevuto informazioni su alti livelli di violenza, compresi stupri e violenze sessuali nei confronti di donne provenienti da minoranze etniche e religiose, come Dalit, Indù e gruppi etnici più a rischio. Esse sono state anche vittime di violenza legata a salish/fatwa (=giudizi popolari).

Ci auguriamo che i risultati di questa ricerca condotta su larga scala stimolino azioni coordinate di supporto basate sull’evidenza per accrescere la responsabiltà in coloro che dovrebbero farsi carico di questi temi. Ci auspichiamo inoltre che essi generino idee di sviluppo nel il governo, in particolare nel Ministero della Pianificazione, per destinare risorse pubbliche allo sviluppo di queste comunità povere ed emarginate. Speriamo, infine, che questa ricerca consentirà ai donatori e alle ONG/I di elaborare per il futuro programmi basati sui diritti, che affrontino specificamente le tipiche aree di privazione e discriminazione dei Dalit.

Con queste parole concludo il mio intervento e dichiaro ufficialmente aperta questa giornata di condivisione di conoscenze, esperienze e riflessioni. Vi prego di prendere parte attiva e gioiosa al dibattito.

Relatrice: Valentina Lucchese.

Testo tradotto dall’inglese da p. Antonio Germano Das sx.

Chuknagar 25.04.19

 

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